IL MIO PARTO

Era lunedì sera, dopo cena, quando sentii la mia prima contrazione.

Le prime contrazioni non erano forti e mi accorsi che riuscivo ad assecondarle stando sdraiata nel letto. Con quelle prime contrazioni preparatorie passai la notte e riuscii anche a dormire qualche ora.

Molte ore del martedì le passai tentando di rilassarmi e aprirmi, mettendo in pratica alcune delle tecniche di rilassamento che avevo imparato. Immaginavo una luce bianca che entrava nel mio utero e ne usciva accarezzando la mia bimba, aiutando la bocca dell’utero a dilatarsi (tecnica Hynobirthing).

Io e il mio compagno avevamo pianificato un parto in casa (In Germania è sempre più diffuso e non è caro come in Italia) e parto in acquaavevamo creato un ambiente rilassante e accogliente, con musica meditativa, essenze profumate, tranquillità e tanto amore.

A un certo punto le contrazioni iniziarono a essere più forti e più frequenti e non riuscivo più a sopportarle da sdraiata. Continuavo a immaginare la bocca dell’utero che si apriva e il canale di parto inondato di luce bianca che fluiva con il mio respiro.

Il mio corpo mi chiese di iniziare a mettere in pratica un’altra tecnica che avevo imparato, quella dell’eutonia. Cominciai durante ogni contrazione a ispirare profondamente e piegare le gambe fino ad accovacciarmi finché la contrazione finiva. Il mio compagno mi sosteneva dalle braccia e faceva lo stesso movimento davanti a me. (v. la partecipazione del padre).
Durante la contrazione ero accovacciata con il mio compagno ed iniziavo a espirare il più lentamente possibile pronunciando a voce alta la lettera “O”.
Questa tecnica è quella che mi ha aiutato di più durante il parto, da questo momento fino alla fine, quando la “O” si trasformò in una “Aaah”.
Assumendo questa posizione, notavo che l’intensità delle contrazioni diminuiva notevolmente e mi dava la possibilità di godermi ancora di più le pause tra una contrazione e l’altra.

L’ostetrica arrivò a casa dopo quasi 24 ore di contrazioni e mi disse che la mia dilatazione era di “soli” 4 cm. Pensavo di essere molto più avanti nel travaglio. Sapevo che la dilatazione massima è di 10 cm. Pensai quindi con preoccupazione che quello fosse solo l’inizio, senza considerare che, generalmente, i primi 5 cm di dilatazione richiedono molto più tempo rispetto al tempo complessivo del parto.
Avrei fatto meglio a non dare tanta importanza ai numeri.

Dopo la comunicazione dell’ostetrica tutta l’atmosfera in casa cambiò radicalmente e con lei scemarono la mia forza e la mia motivazione.
La prima conseguenza fu che i battiti di mia figlia cominciarono a essere irregolari. La seconda conseguenza fu il cessare delle contrazioni, come se il mio corpo all’improvviso avesse percepito la situazione di pericolo e paura vissuta dal mio cervello. (v. un utero senza paura).

Allora per evitare ogni complicazione decidemmo di andare in ospedale.

L’ospedale che avevamo scelto nell’evenienza di qualche complicazione, è un ospedale che segue la filosofia antroposofica (assimilabile alla filosofia steineriana nelle scuole).
In qualunque altro ospedale, vedendomi arrivare in quella situazione, avrebbero certamente indotto nuove contrazioni con ossitocina sintetica. Invece quelle fantastiche ostetriche si resero conto della mia necessità di dormire e mi diedero un calmante omeopatico, che ebbe l’effetto di farmi dormire profondamente nei 5 minuti tra una contrazione e un’altra per quasi due ore.

In quel modo potei recuperare energia e forza.
Anche le contrazioni erano tornate e la loro potenza aumentava.
Tuttavia se cerco di ricordare quel dolore non ci riesco. Lo vissi come in trance, stavo su un altro pianeta.

La stanza era calda, luminosa, molto accogliente, priva di macchinari, con un gran letto matrimoniale, palle da pilates, spalliere, lenzuola che pendevano dal soffitto per potercisi aggrappare e un grande bagno, che in quel momento mi sembrò enorme in confronto a quello di casa mia.

Passai un paio d’ore seduta sul gabinetto. In questa posizione mi sentii libera di rilassare completamente tutti i muscoli del perineo.
Insieme ad ogni contrazione continuavo a eseguire gli esercizi di eutonia (i piegamenti sulle gambe con il mio compagno) e  ad aiutarmi con la “o”.

Poi sentii l’impulso di entrare nella vasca da bagno. C’era un lenzuolo parto in acquaappeso al soffitto attaccandomi al quale riuscivo a sostenere da sola tutto il mio peso. In questa posizione il canale del parto era molto più corto e la forza di gravità era dalla mia parte.

Lì iniziò l’ultima fase del parto, quella delle spinte, che per me fu anche la più sorprendente e la più bella.
In questa fase tutto fu totalmente naturale ed istintivo. Mi sorpresi a sapere già quello che dovevo fare perché era tutto già registrato nel mio corpo da millenni.
Non dovetti mettere in pratica nessuna tecnica, tutto avvenne naturalmente.
Dovetti solo ascoltare attentamente il mio corpo e spingere mia figlia giù per il canale del parto proprio nei momenti in cui il corpo lo esigeva.
Assecondavo il mio corpo e i movimenti della mia bambina che, puntando i piedi contro il mio diaframma, si spingeva verso fuori.

I mesi di preparazione furono importanti anche in questa fase soprattutto perché non avevo paura e mi fidavo ciecamente del mio corpo e di mia figlia.
La sensazione più forte che provavo era di sorpresa per la forza e l’intensità di quel momento. Impossibile da immaginare fino ad allora!
Quasi incoscientemente rilassai ogni singolo muscolo, continuando sempre a pensare quanto grande, luminoso e sano fosse il mio canale di parto.

Mia figlia sgusciò fuori da me nell’acqua alle 9:36 h del mattino di mercoledì e il suo sguardo fu la risposta a tutte le domande che io possa mai aver avuto.

Le ore successive al parto le ricordo come qualcosa di magico.
Le prime mani che toccarono mia figlia furono quelle del suo papà. Dopodiché l’ostetrica la appoggiò sulla mia pancia. In quella posizione rimanemmo per un tempo che non so definire. Dato che io non mi volevo spostare da lì, la vasca da bagno fu svuotata dall’acqua e riempita di asciugamani caldi finché mia figlia si attaccò al mio seno per saziare la sua prima fame.
Rimanemmo unite dal cordone ombelicale fino al momento in cui terminò di pulsare.
Allora il mio compagno lo tagliò e tutti e tre ci spostammo nel lettone, dove passammo insieme i nostri primi ed emozionanti momenti in famiglia. Io ero euforica e piena di energia come non mai.

Durante tutto il parto e nelle ore in cui rimanemmo in ospedale entrò nella nostra stanza solamente un’ostetrica, Laura, che, con molto amore, sapienza e rispetto, ci accompagnò in quest’incredibile avventura.
In nessun momento nostra figlia fu allontanata da noi.
Passarono delle ore di riposo, conoscenza reciproca e ripresa dallo stupore. Dopodiché Laura e il mio compagno si occuparono di lavare, pesare e vestire la nostra bimba mentre io lentamente… ritornavo sulla terra.

Cinque ore dopo aver partorito, arrivammo a casa, nel nostro letto, nella nostra nuova felicità.