il processo del parto

perfezione ed equilibrio

Innanzitutto è bene sapere che il processo del parto viene avviato da una serie di ormoni che agiscono sul nostro corpo e su quello del bambino, innescando le contrazioni dell’utero e le spinte che portano all’espulsione del feto e della placenta. Gli ormoni stanno in un delicato e perfetto equilibrio tra di loro: tra questi ci sono l’ossitocina, le endorfine, la prolattina, l’adrenalina e il cortisolo.

Nel corpo della madre ogni ormone viene messo in circolo grazie alla parte più arcaica del cervello, quella che ci rende identici a tutti gli altri mammiferi. L’altra parte del cervello, la neocorteccia, sede della nostra razionalità, nel processo del parto dovrebbe essere totalmente estranea poichè generalmente causa problemi e ritardi nel processo del travaglio.
Si può fare molto per evitare l’interazione della parte razionale durante il travaglio (v.il parto naturale – come), usare luci attenuate, far sì che gli accompagnatori non parlino alla partoriente e non cerchino di distrarla ma le diano conforto con parole di amore e supporto, tirare fuori la parte più animale che c’è in noi senza avere paura di reazioni fuori dalla norma o dall’etichetta.

Gli ormoni di cui sopra sono fondamentali in tutte le fasi del parto, dall’inizio del travaglio fino all’espulsione della placenta e nel momento importantissimo del post-parto. Quest’ultimo è il momento in cui ha origine “l’innamoramento” reciproco tra i componenti della famiglia, in cui è però decisivo anche l‘ambiente, che dovrebbe garantire vicinanza e intimità.
Grazie a questa intimità e all’ormone ossitocina, scatta il meccanismo che porta la madre ad avere il bisogno istintivo di accudire il suo “cucciolo”.
In alcuni animali ad esempio, quando avviene una separazione subito dopo il parto, la madre non riconosce più il suo piccolo e normalmente lo abbandona. Ovviamente questa non sarà la reazione di una madre umana perché la sua razionalità le farà fortunatamente riconoscere il bambino e il legame che si è creato dall’inizio della gravidanza. Con l’ossitocina però questo avvicinamento sarebbe ancora più facile e naturale.

I tre ormoni, ossitocina, endorfine e prolattina, sono gli ormoni dell’amore e della felicità, sono gli stessi che vengono messi in circolo durante i rapporti sessuali e durante l’allattamento. Fanno sì che il dolore sia molto più sopportabile (le endorfine naturali hanno un effetto anestetico 200 volte più potente di quello della morfina), rafforzano il legame innato tra madre e figlio (da loro dipende il cosiddetto “innamoramento” reciproco che avviene al primo sguardo dopo la nascita), supportano nella madre il bisogno di accudire la sua creatura, creano un sentimento amoroso e una sensazione di rilassamento nell’organismo, simile alla sensazione che segue un orgasmo.

Durante il parto l’ossitocina stimola le contrazioni involontarie dell’utero e, nella pausa tra una contrazione e un’altra, vengono sprigionate le endorfine, che permettono alla madre di rilassarsi o in alcuni casi addirittura addormentarsi.
Inoltre le endorfine sono concentrate anche nel liquido amniotico e servono a proteggere il bambino dal dolore anche in parti lunghi ed estenuanti.

L’adrenalina e il cortisolo sono invece gli ormoni dell’attività che si sprigionano nell’ultima fase del parto, quella delle spinte, che molte donne percepiscono come esaltante e liberatoria, e fanno sì che dopo il parto la mamma si trovi in una condizione di veglia e di allerta (negli animali necessaria per difendere il cucciolo da eventuali pericoli).

Il delicatissimo equilibrio tra gli ormoni “dell’amore” e gli ormoni dell’attività” può essere compromesso da diversi fattori, per esempio una reazione di paura eccessiva, di tensione o di stress può far aumentare adrenalina e cortisolo sopra il livello necessario per il giusto inizio e sviluppo del travaglio. (v. un utero senza paura).
Ovviamente qualunque intervento medico, molte volte affrettato se non addirittura non necessario, compromette inevitabilmente l’interazione di queste sostanze e produce la maggior parte delle volte una reazione a catena che rende necessari ulteriori interventi.

La sopravvivenza della specie non dipende soltanto dalla nascita di un bambino sano, ma da una nascita la meno traumatica possibile, che sia istintivamente gratificante per la donna, in modo da incoraggiarla a riprodurre ancora. Perciò l’obiettivo principale nell’assistenza al travaglio non può essere solo la sicurezza, bensì anche il rispetto della fisiologia.
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Il parto è un esperienza simmetrica per la madre e per il bambino, gli ormoni che procurano beneficio all’una servono anche a proteggere l’altro e gli ormoni che rendono attiva la madre fanno sì che il bambino nasca attivo e vigile per poter godere dei primi momenti di felicità e di unione familiare.

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